L’approccio sofware-defined coinvolge diverse componenti infrastrutturali. Ecco come lo affronta Sinthera.

tratto da Executive.IT – N 01/02 GENNAIO-FEBBRAIO 2016 pag 121, distribuito all’Evento Gartner Italia

Cosa si intende per software defined?

Per Software-Defined Data Center (SDDC) si intende l’estensione del concetto di virtualizzazione a tutte le risorse, non solo computazionali ma anche di storage e di rete, che compongono un data center, per consentire la loro astrazione dalla piattaforma tecnologica sottostante guadagnando efficienza e flessibilità. L’idea è che, attraverso un pooling elastico che abilita una gestione via software del provisioning delle risorse e un elevato grado di automazione, si possano ridurre notevolmente i tempi di avviamento dei servizi infrastrutturali richiesti da vecchi e nuovi applicativi, ottimizzando anche l’uso dell’hardware già implementato.

 

A quale visione IT fa riferimento questo nuovo approccio?

“Quando parliamo di evoluzione di un data center verso lo scenario software-defined dobbiamo in primo luogo parlare di un nuovo modello organizzativo multidisciplinare e collaborativo, prima ancora che tecnologico, dei team di operatori, sviluppatori e architetti presenti in azienda”, spiega Paolo Marco Salvatore, CTO di Sinthera.

Una visione elastica che si rifà al concetto di DevOps per cui non esistono più barriere tra la parte sviluppo e quella operation e c’è un linguaggio e obiettivi comuni.

In questo caso la sua estensione ai servizi IT si inquadra in un ambito definito come Infrastructure as a tool, con la possibilità di inserire e avviare in rapida successione i componenti necessari a soddisfare nuove richieste di business senza stravolgimenti infrastrutturali.

 

Cosa cambia rispetto all’approccio tradizionale?

“Di fatto l’SDDC spinge a una revisione organizzativa e delle competenze che rappresenta l’aspetto più delicato che ogni giorno emerge quando incontriamo i nostri clienti per cui cerchiamo prima di tutto di favorire un dialogo costruttivo che superi il puro discorso metodologico, ma entri nel concreto dell’operatività”, prosegue Salvatore.

 

Qual è il primo passo verso SDDC?

Il percorso verso l’SDDC che Sinthera suggerisce comincia quindi da una fase di assessment organizzativo e non solo tecnologico per valutare l’infrastruttura di partenza del cliente e quella che si vorrebbe raggiungere analizzando nel contempo i suoi processi organizzativi e gli strumenti a supporto che vanno complessivamente rivisti.

È una fase fondamentale, perché la gestione deve essere tutta integrata per avere una visione e un controllo totali sulle risorse, da ridimensionare e recuperare alla bisogna.

“Il tutto con ben in mente la chiave della loro virtualizzazione”, spiega Salvatore evidenziando come rappresenti un elemento fondamentale per abilitare servizi di cloud ibrido. Nel dettaglio si parla del trasferimento di carichi di lavoro dall’on premise all’off premise, quindi sul cloud pubblico. Con l’opportunità di variare secondo i picchi stagionali e investendo all’interno solo su quanto effettivamente serve per servizi particolarmente critici e certi.

 

Quale proposta tecnologica suggerisce Sinthera?

Tenendo quindi conto della stretta relazione esistente tra SDDC e modelli hybrid cloud la strada vincente risiede nell’adozione di una piattaforma di cloud management unitaria, omogenea fra l’ambiente on premise e off premise. In tale contesto le soluzioni open source rappresentano la scelta corretta per svincolarsi da tecnologie proprietarie.

Riteniamo che sia vantaggioso mantenere la porta di ingresso più aperta possibile.

Ecco che abbiamo sviluppato un’offerta per l’implementazione e la gestione di infrastrutture supportate dal software Open Stack, sempre più diffuso e capace di governare tra i più importanti hypervisor quali VMware, Microsoft Hyper-V piuttosto che, in ambito open source, KVM, lavorando anche in un’ottica a container”, aggiunge Salvatore. L’idea è quella di abilitare una scelta flessibile delle funzionalità, in base alla destinazione d’uso e ai costi di licenza. Sul fronte networking, Sinthera propone la piattaforma Cisco ACI (Application Centric Infrastructure) mentre su quello elaborativo Cisco UCS (Unified Computing System) con gestione via software dell’identità hardware. “In questo caso possiamo pilotare la piattaforma per riallocare l’hardware in base ai carichi di lavoro da gestire. Per quanto riguarda la parte storage adottiamo invece soluzioni di virtualizzazione completamente software di Datacore che permettono un disegno flessibile in base ai requisiti e carichi di input e output del cliente.

 

E per chi vuole una strada completamente indipendente?

Infine per chi desidera una strada completamente open source parliamo di Ceph, estremamente flessibile e in grado di usare hardware commodity”. In definitiva, quella basata su Open Stack è una proposta tecnologica che permette di integrare e abilitare più tasselli senza stravolgere il framework di gestione di un’azienda. “Il mondo SDDC è in evoluzione e come Sinthera osserviamo costantemente il mercato per acquisire nuove tecnologie che possano abilitare al meglio questo modello”, conclude Salvatore.

Sinthera conosce il mondo cloud e hybridcloud e sa che è in continua evoluzione. E’ quindi in continua osservazione ed ascolto del mercato, della tecnologia e dell’innovazione. #digitaltranformation